Anche questo libro, come del resto quelli che lo hanno preceduto, può sembrare un libro strano. Strano, nel senso etimologico del termine, vuol dire extra-neus, cioè un libro fuori.
Il libro, infatti, è fuori dalla sistematicità d’un trattato di missiologia. Anche se tratta della missione, tenendo presente il dibattito attuale, il libro ne parla non in maniera organica, ma per frammenti.
La missione costituisce l’avvenimento che è sempre al centro della riflessione.
Sia che si parli della banda del cavalcavia di Tortona o del genocidio del Rwanda, degli indios dell’America Latina o dei giovani dei Paesi del Nord-Europa; sia che si parli del sangue che si continua a versare in Algeria o delle sette, del fenomeno di tangentopoli o della situazione della Chiesa in Italia dopo Palermo, è sempre la missione della Chiesa l’avvenimento su cui si intende riflettere.
Questa missione la si comprende non partendo da categorie universali e normative, ma da un concretum, il concreto nel quale sono pro-iettato, e che diventa, nel processo di crocifissione storica, concretum universale, concretezza della irripetibilità storica della vita che, nella libertà del sì alla morte e nella grazia della resurrezione, anticipa, seppur “per speculum in aenigmate”, quello a cui ogni uomo si sente chiamato: la vita e la vita in pienezza.
La missione nella quale sono pro-iettato è come un testo che sono continuamente chiamato a leggere. Un testo che, se non vuole scomparire nel suo divenire concretum universale, deve continuamente essere interpretato e purificato, aprendosi all’Unico Universale Concreto, l’Assoluto storico che salva, Gesù Cristo, figlio di Maria e figlio di Dio.
Qualsiasi esperienza che non restasse aperta all’irrompere continuo del Signore della storia sarebbe un’esperienza che diventerebbe idolo a se stessa. Qualsiasi esperienza, infatti, per quanto valida possa essere stata o possa essere, nel momento in cui si innalza a istanza ultima e senza ulteriore giudizio diventerebbe negazione del Signore della vita e disconoscimento del Dio unico che, solo, merita la nostra fiducia.
La missione nella quale sono pro-iettato rappresenta, perciò, un testo che interroga e che chiede risposta. Un testo al quale mi avvicino mediante l’intelligenza per lasciarmi interrogare. Ai suoi interrogativi vanno date risposte che costituiranno, a loro volta, nuove domande.
Il circolo ermeneutico potrà esaurirsi solo nella visione, quando dallo “speculum in aenigmate” passeremo al “facie ad faciem”.
Mi è d’obbligo un’osservazione conclusiva.
Gli articoli, molte volte, appaiono carichi di note, molte delle quali possono appesantire la lettura.
Potrebbero essere riscritti in uno stile più scorrevole e meno documentato.
Confesso tuttavia un certo sospetto verso un moltiplicarsi di scritti nei quali vengono comunicate esperienze e idee degli autori senza alcun apparato critico.
Mi sembra, ma la mia è solo una modesta opinione, che al tempo d’oggi (sicuramente come reazione al passato) vi sia un’inflazione di maestri, di carismatici, di profeti.
V’è spesso, da parte del primo che si alza, come un rivendicare il monopolio della verità.
Anche per questo il mio libro è strano.
È strano, perché extraneus all’attuale moda. Io ritengo che un pensiero che voglia apportare un seppur minimo contributo di ricerca debba essere sempre un pensiero che ha il coraggio di confrontarsi e di verificare, umilmente, la coerenza delle sue affermazioni.
Di certo, alla fine, tutto è paglia e la semplicità delle affermazioni risplenderà senza la necessità del supporto di tanti confronti e prove documentarie.
Sicuramente questi supporti sono indice di debolezza e anche di povertà.
Sono, però, anche l’indice di chi non scambia il tempo che ci è dato, tempo di fatica della ricerca e dell’azione, con la fine dei tempi.
È vero che, alla fine, tutto è paglia. Ma solo alla fine. Dimenticarlo ci porterebbe sicuramente fuori strada.
Emilio Grasso, Ora è tempo di andare. Per aprire ogni esperienza umana al Signore che salva, EMI, Bologna 1997, 192 pp.
INDICE
Abbreviazioni |
6 |
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Premessa |
7 |
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Metterli al bando? Giovani del cavalcavia: la malattia della normalità |
11 |
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Formare i giovani all’evangelizzazione |
15 |
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La gioventù: specchio della Chiesa I giovani belgi nell’analisi dei discorsi di Giovanni Paolo II |
31 |
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“Credere è sempre una sfida...” La Chiesa e i giovani nei Paesi Bassi |
39 |
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Chiesa del nostro tempo La missione come priorità ineludibile secondo il Cardinale Camillo Ruini |
49 |
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Due pesi e due misure? Nuova evangelizzazione e missione ad gentes dopo Palermo |
57 |
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Ma io che posso fare? Interrogativi posti all’Europa dall’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa |
67 |
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Per un approccio globale al fenomeno dei nuovi movimenti religiosi |
75 |
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A due anni dal genocidio del Rwanda Un contributo alla riflessione sulla missione della Chiesa |
89 |
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Volto, sguardo, maschera |
101 |
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Un Dio nascosto nella storia Passione per l’uomo della Chiesa d’Algeria |
107 |
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Carisma e culture La sfida dell’Africa |
115 |
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Per un approccio all’ethos del popolo camerunese |
121 |
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Il processo d’inculturazione alla luce dell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa |
127 |
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Difensore degli indios Antonio de Montesinos e la forza della parola |
149 |
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La questione indigena nei discorsi di Giovanni Paolo II in America Latina |
167 |
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Che succede in Italia? Lettera aperta agli amici del Paraguay |
179 |