Nell’articolo “Roma 1966 – Ypacaraí 2006”, scritto in occasione del 40° anniversario della mia ordinazione sacerdotale, si trova il filo conduttore che costituisce la chiave di lettura di questo libro.

 

Un approccio utopico ha nutrito il viaggio di tanti uomini verso il continente latinoamericano. Anche nella seconda metà del secolo passato, nella misura in cui venivano a crollare le ideologie.

 

In uno studio che feci sulle pubblicazioni di Emilio Grasso osservavo che “i suoi scritti non sono scritti sistematici. Essi, infatti, hanno un carattere frammentario, come di tanti frammenti è costituita la teologia che ne emerge”[1].

 

Ogni qualvolta arrivo in Camerun e incontro il mio amico Richard, una delle prime cose che gli domando è come va il suo piccolo allevamento di polli chiamato Ferme de l’espoir. Richard da anni dirige questa Ferme a Mbalmayo che costituisce una delle attività d’autofinanziamento della nostra Comunità Redemptor hominis.

 

“‘In Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga’, osservava Luis de León, mistico spagnolo del ’500 e geniale lettore della Bibbia. Questa navigazione nell’esperienza in genere, e nell’esperienza spirituale in Dio in particolare, è impresa molto ardua, perché ci s’imbatte in un mare di difficoltà[1].

 
L’idea di fare uno studio sugli scritti di Emilio Grasso, Fondatore della Comunità Redemptor hominis alla quale appartengo, era sorta da diverso tempo proprio per focalizzare la sua spiritualità missionaria. I suoi scritti, infatti, sono la fonte privilegiata a cui attinge la Comunità che, nata intorno a lui, attualmente è presente in diversi contesti pastorali nel mondo.

 

Nella postfazione che conclude questo libro do ragione del carattere unitario dello stesso, oltre che della sua genesi. Da più parti si è detto e si continua a dire che il nostro tempo è fortemente caratterizzato da una dislocazione del sapere e da una sempre maggiore resistenza nei riguardi della sistematicità.

 

Anche questo libro, come del resto quelli che lo hanno preceduto, può sembrare un libro strano. Strano, nel senso etimologico del termine, vuol dire extra-neus, cioè un libro fuori.

 

Anche questo libro, come gli altri che lo hanno preceduto nella stessa Collana delle edizioni EMI “Missione e Chiesa locale”, non è una trattazione di tipo sistematico e unitario, ma un insieme di frammenti che percorrono trasversalmente luoghi diversi e situazioni distinte.