Gli interrogativi posti dalla costituzione di comunità musulmane in Europa in seguito ai fenomeni migratori hanno spinto le varie Chiese, tanto la cattolica quanto quelle di tradizione ortodossa o quelle nate dalla Riforma, a redigere diversi documenti per orientare i fedeli al riguardo. Si è andato così formando un magistero specificatamente europeo sull’Islam.

Separador de poemas

 

Organismi nazionali ed Islam

Accanto ai testi prodotti dal Comitato “Islam in Europa”, emanazione del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e della Conferenza delle Chiese Europee – che comunque non rappresentano le posizioni ufficiali del CCEE né del KEK, ma sono da considerare documenti di lavoro – non sono mancati, in tutti i Paesi europei, degli scritti magisteriali che rispecchiano gli interrogativi e gli atteggiamenti che si riscontrano presso i cristiani europei riguardo all’Islam. Per apprezzare pienamente l’impegno delle Chiese d’Europa in questo ambito va tenuto presente, inoltre, che diverse Conferenze Episcopali hanno creato degli organismi specifici per favorire e gestire i rapporti con i musulmani.

È il caso della Francia, con il Segretariato per le Relazioni con l’Islam (Sécretariat pour les relations avec l’Islam, SRI)[1], dell’Olanda (Contactraad voor Interreligieuze Dialoog), e del Belgio – con, da parte francofona, il Comitato Interdiocesano per le Relazioni con l’Islam (Comité interdiocésain pour les relations avec l’Islam, CIRI) e, da parte fiamminga, l’Atelier per la Costruzione delle Relazioni tra Musulmani e Cristiani (Werkgroep Relatieopbouw Moslims-Christenen, ROMC). In Polonia, caso unico, esiste un Consiglio Comune dei cristiani e dei musulmani del quale fanno parte cattolici (pur nell’apertura all’eventuale ingresso di altre confessioni) e musulmani polacchi di origine tartara[2]. Nelle altre nazioni, in mancanza di un organismo specifico, il dialogo con i musulmani è delegato alle commissioni per il dialogo interreligioso, a volte di carattere ecumenico, come in Inghilterra – con la Commissione ecumenica per le Relazioni tra le Fedi (Churches Together in Britain and Ireland, CTBI)[3] nella quale è confluito il Comitato Cattolico per le Altre Fedi (COF) – o in Austria[4].

Uno sguardo all’attività degli episcopati nei singoli Paesi permetterà di recensire ulteriormente i temi affrontati.

L’episcopato italiano

L’Italia presenta un interesse particolare, perché, reagendo più tardi, ha potuto far tesoro dell’esperienza di Chiese dalla più lunga consuetudine di rapporti con i musulmani, come quelle dell’Europa centrale e settentrionale, ma anche del Vicino Oriente. Infatti, “è solo a partire dalla seconda metà degli anni ottanta del XX secolo che la Chiesa italiana si trova coinvolta in modo crescente nella sfida di sviluppare relazioni interreligiose e il dialogo interreligioso, in particolare in rapporto all’Islam”[5]. Come per gli altri Paesi d’Europa occidentale sono stati i movimenti migratori – verificatisi in tempi più recenti rispetto ad altre regioni d’Europa – a portare l’Islam all’ordine del giorno, obbligando la Chiesa italiana a posizionarsi rapidamente di fronte alla nuova situazione venutasi a creare. Era apparso ben presto, del resto, che la presenza di musulmani richiedeva dalla Chiesa assai più di quella generosità nella prima accoglienza per la quale le parrocchie italiane e le Caritas diocesane si erano andate distinguendo in quegli anni.

L’omelia Noi e l’Islam del Card. Martini

L’omelia Noi e l’Islam del Card. Martini, tenuta il 6 dicembre 1990[6], mostra che fin dall’inizio le sfide religiose e culturali legate alla convivenza con i musulmani sono state percepite con chiarezza. Tale lettera, che indubitabilmente poneva già alcune questioni fondamentali, influenzerà molti scritti e prese di posizione dell’episcopato italiano negli anni seguenti.

Fu proprio l’esperienza dei problemi riguardanti la prima accoglienza e assistenza a spingere Martini a riflettere e a esporre il proprio pensiero. Nella lettera, che mira a evitare innanzitutto che il rapporto con i musulmani diventi conflittuale o vada costruendosi sui fondamenti errati del relativismo irenico o disinformato, colpiscono alcune nette prese di posizione.

Per Martini, la comunità ecclesiale, ma anche la comunità civile cittadina, deve “insistere su un processo di ‘integrazione’” ed invitare i musulmani a “inserirsi armonicamente nel tessuto della nazione ospitante, ad accettare le leggi e gli usi fondamentali, a non esigere dal punto di vista legislativo trattamenti privilegiati che tenderebbero di fatto a ghettizzarli e a farne potenziali focolai di tensioni e violenze”[7]. “È necessario in particolare – continuava – far comprendere a quei nuovi immigrati che provenissero da Paesi dove le norme civili sono regolate dalla sola religione e dove religione e Stato formano un’unità indissolubile, che nei nostri Paesi i rapporti tra lo Stato e le organizzazioni religiose sono profondamente diversi”[8].

Tali affermazioni si inseriscono con una loro marcata fisionomia nel dibattito sulle diverse opzioni – integrazione o assimilazione, comunitarismo o autoisolamento (ed eventualmente jihad conquistatore) – che, a distanza di anni, è lontano dall’essere chiuso.

Secolarizzazione per l’Islam?

Dopo essersi interrogato sul valore e il significato dell’Islam per un cristiano, Martini affrontava un punto di grande interesse: ci sarà una secolarizzazione per l’Islam in Europa?

“Non è pensabile che l’Islam in Europa non si trovi prima o poi ad affrontare una simile sfida. Sappiamo anzi che, dalla fine della Prima guerra mondiale fino ad oggi, vi sono state molte proposte, tendenze, partiti, soluzioni secondo le quali il mondo musulmano, nelle sue diverse ramificazioni, etnie e territori, ha preso coscienza dell’avvento dell’era della tecnica e delle esigenze di razionalità che essa comporta”.

La constatazione che vari settori delle società musulmane sono aperti alle sfide della modernità, spinge Martini a formulare l’auspicio che

“il trapasso necessario ad un’assunzione non puramente materiale delle agevolazioni tecniche che vengono dall’occidente sia accompagnato da uno sforzo serio di riflessione storico-critica sulle proprie fonti religiose e teologiche […]. Dobbiamo adoperarci affinché i musulmani riescano a chiarire e a cogliere il significato e il valore della distinzione tra religione e società, fede e civiltà, Islam politico e fede musulmana, mostrando che si possono vivere le esigenze di una religiosità personale e comunitaria in una società democratica e laica dove il pluralismo religioso viene rispettato e dove si stabilisce un clima di mutuo rispetto, di accoglienza e di dialogo”[9].

Molto viene detto in queste dense righe che tracciano un autentico programma per un Islam europeo, caratterizzato da un rinnovamento della teologia e dall’accettazione della laicità e del pluralismo.

L’importanza dell’individuo

È significativo che per Martini siano i processi di individualizzazione e la trama dei rapporti personali a costituire la via attraverso la quale un programma così ambizioso può giungere a maturazione:

“Il problema non è tanto di fare grandi discussioni teologiche, ma anzitutto di cercare di capire quali sono i valori che realmente una persona incarna nel suo vissuto per considerarli con attenzione e rispetto. Si potranno trovare, non di rado, molte più consonanze pratiche di quanto non avvenga in una disputa teologica. Ciò vale soprattutto per i valori vissuti della giustizia e della solidarietà. Tuttavia questa considerazione individuale deve sempre tener conto delle dinamiche di gruppo. Infatti l’Islam non è solo fede personale, bensì realtà comunitaria molto compatta e una parola d’ordine lanciata da qualche voce autorevole al momento opportuno può ricompattare e ricondurre a unità serrata anche i soggettivismi o i sincretismi religiosi vissuti da un singolo individuo”[10].

Avremo modo di ritornare sull’importanza che assume per il futuro di un Islam europeo la bipolarità “vissuti individuali” e “dinamiche di gruppo”. Importa per ora notare che era già ben delineata nella coscienza di alcuni settori della Chiesa italiana nel lontano 1990.

Un’ultima osservazione di Martini riguardava l’esigenza della reciprocità:

“Noi auspichiamo rapporti di uguaglianza e fraternità e insistiamo e insisteremo perché a tali rapporti si conformi anche il costume e il diritto vigente nei Paesi musulmani riguardo ai cristiani, perché si abbia una giusta reciprocità. Conosciamo i problemi giuridici e teologici che i nostri fratelli dell’Islam hanno nei loro Paesi per riconoscere alle comunità cristiane minoritarie i diritti che da noi sono riconosciuti alle minoranze”[11].

L’atteggiamento raccomandato da Martini, infine, era “lo sforzo serio di conoscenza, la ricerca di strumenti e l’interrogazione di persone competenti. Penso, in particolare, ai casi molto difficili e spesso fallimentari dei matrimoni misti”[12].

Michele Chiappo

(Continua)

 

 

____________________

[1] Per una storia dei primi vent’anni di attività del SRI, cfr. G. Couvreur, Le S.R.I (Sécretariat pour les Relations avec l’Islam) a 20 ans (8 mai 1993), in “Islamochristiana” 19 (1993) 239-241.

[2] Si veda in proposito la Charta fondatrice in “Islamochristiana” 24 (1998) 188-189.

[3] Il CTBI ha pubblicato una serie di semplici depliants, di quattro-cinque pagine ognuno, sulle religioni non cristiane. Sull’Islam figurano i seguenti titoli: What is Islam?, The Mosque, Prayer and Prayers in Islam, Muslim and the Question of Fasting, Differences within Islam, Family Life in Islam.

[4] In Austria, la struttura specifica, pur fondata dalla Conferenza Episcopale, è fin dall’inizio ecumenica e individua nell’Islam il proprio principale interlocutore: cfr. Création d’un bureau de contact pour les grandes religions mondiales (Kontakstelle für Weltreligionen) comme instance de la Conférence Épiscopale autrichienne, in “Islamochristiana” 18 (1992) 243-244.

[5] A. Pacini, Il dialogo interreligioso e le relazioni Islamo-cristiane in Italia: linee di sviluppo e prospettive. Relazione presentata al Convegno L’Islam in Italia. Appartenenze religiose plurali e strategie diversificate, Torino (2-3 dicembre 2004). Consultabile presso www.centroedoardoagnelli.it.

[6] C.M. Martini, Noi e l’Islam, in “Il Regno-documenti” 36 (1991) 88-92.

[7] C.M. Martini, Noi e l’Islam…, 88-89.

[8] C.M. Martini, Noi e l’Islam…, 89.

[9] C.M. Martini, Noi e l’Islam…, 90-91.

[10] C.M. Martini, Noi e l’Islam…, 91.

[11] C.M. Martini, Noi e l’Islam…, 92.

[12] Il problema dei matrimoni misti è stato oggetto di una pubblicazione specifica della Diocesi di Brescia, I matrimoni tra cattolici e musulmani. Istruzione, Brescia 1995.

 

 

 

19/05/2021