Le due dimensioni della missione nel terzo millennio

 

L’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della Lettera apostolica Novo millennio ineunte, con cui san Giovanni Paolo II chiuse il Grande Giubileo e aprì le porte del terzo millennio, sono scanditi dalle parole evangeliche Duc in altum!, riportate in latino nel testo.Duc in altum 1 shutterstock 134429942

L’espressione Duc in altum! si trova cinque volte nella Novo millennio ineunte[1].

“Gesù – scrive il Papa –, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l’apostolo a ‘prendere il largo’ per la pesca: ‘Duc in altum!’ (Lc 5, 4). Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti. ‘E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci’ (Lc 5, 6)”[2].

Riportiamo il testo evangelico di Lc 5, 4-6, nella traduzione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana del 2008:

4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: ‘Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca’. 5Simone rispose: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti’. 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”.

Oltre ogni logica culturale

Importante è esaminare il versetto 5: tra l’invito del Signore e il frutto abbondante della pesca v’è la conversione interiore di Simone. Egli dà innanzitutto una risposta d’ordine culturale. Come esperto pescatore obietta che lui e i suoi compagni hanno già “faticato tutta la notte senza prendere nulla”. La competenza professionale e la precedente e infruttuosa esperienza notturna spingono a tirare le reti in barca e a fermarsi. La replica di Simone evidenzia quanto la richiesta di Gesù debba sembrare assurda agli occhi di un esperto, poiché il tempo adatto per pescare è la notte, non il giorno, e la fatica inutile della notte precedente sta lì a dimostrare l’assenza di pesci in quel punto del mare[3].

Potremmo dire che in questo caso la cultura di Simone si oppone all’invito del Signore. Se Simone fosse restato fermo nella sua cultura non avrebbe preso di certo il largo e non avrebbe gettato le reti.

Ma, superando ogni logica culturale, Simone accetta di prendere di nuovo il largo: “Però, sulla tua parola, getterò le reti”.Duc in altum 1 shutterstock 725121175

Nella sua risposta, Simone passa dal ruolo del pescatore, che non ha niente da imparare da Gesù, a quello del discepolo. Egli, andando contro ogni principio di realtà ed evidenza e basandosi totalmente sulla parola autorevole del Signore, getta le reti.

L’esecuzione dell’ordine non trova altro motivo e fondamento che nel comando dato da Gesù. Così Simone agisce nella fede in Lui. e questa fede sarà poi confermata dalla pesca abbondante.

Possiamo qui affermare che in Simone si è operato non un passaggio da una cultura a un’altra, da un modo di pescare a un altro (il mare resta quello, quelle le reti, quelle le tecniche, quelle le capacità di Simone e dei suoi amici), ma si è operato un passaggio fondamentale da un ordine culturale a un ordine transculturale, cioè all’ordine della fede.

Pietro e i suoi compagni gettarono le reti, come scrive san Giovanni Paolo II, perché “si fidarono della parola di Cristo”[4].

Ci troviamo al cospetto della fede come pisteuin col dativo (credere Christo). Viene, cioè, espresso l’atteggiamento dell’uomo, che si rimette alla parola divina della promessa accettandola e confidando in essa. Trattasi della fede che implica essenzialmente la fiducia nella testimonianza divina, cioè l’abbandono fiducioso dell’uomo al Dio che gli si rivela e così lo salva[5].

Tutto apparentemente resta lo stesso. Chi cambia è Simone. Egli non getta più le reti in base ai suoi criteri, ma sulla parola di Colui che egli chiama Maestro. Potremmo qui richiamare quel passo di Kierkegaard laddove si sottolinea “la contraddizione fra la passione infinita dell’interiorità e l’incertezza oggettiva”[6].

Questa contraddizione tra il dato socio-culturale e la tensione verso un Volto che non si riesce a tematizzare poiché è sempre al di là d’ogni espressione culturale[7], si risolve solo – sempre per restare a Kierkegaard – nell’avere l’entusiasmo, uscire, andare al largo e trovarsi felici alla profondità di 70.000 braccia[8].

Questo primo atto di fede di Simone troverà poi il suo pieno adempimento nella proclamazione della divinità di Gesù, cui seguirà il cambio del suo nome da Simone in Pietro.Duc in altum 1 shutterstock 1720254934

La versione de La Bible de Jérusalem preferisce tradurre il Duc in altum! della Vulgata, più che con “prendi il largo” con l’espressione “avanza in acqua profonda” (“avance en eau profonde”).

Nella stessa linea abbiamo altre traduzioni, come quella di Chouraqui (“avance en profondeur”)[9], di Rengstorf (“spingi verso il profondo”)[10] o di Howard Marshall (“to sail out into deep water”)[11], la traduzione in De Bijbel a cura della Katholieke Bijbelstichting (“vaar nu naar het diepe”)[12] e anche la versione popolare Dios habla hoy a cura della Sociedad Bíblica Americana (“Lleva la barca a la parte honda del lago”)[13].

Schlier, nel Lessico curato da Kittel e Friedrich, sottolinea che il termine greco bathos[14], indica una profondità esteriore, materiale, che comporta una direzione verso il basso o verso l’alto, senza riguardo alla misura di questa profondità[15].

Le due dimensioni di spinta verso il largo e verso la profondità sono tutte e due presenti nel Duc in altum!, basta che poniamo attenzione al sistema di pesca utilizzato in quel momento: dopo essersi allontanati dalla costa, “la rete, ripiegata sulla piattaforma nella parte posteriore della barca, viene calata lentamente nell’acqua a mano a mano che la barca avanza parallelamente alla costa”[16].

Emilio Grasso

(Continua)

 

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[1] Cfr. nn. 1, 15, 38, 58.

[2] Novo millennio ineunte, 1.

[3] Cfr. Il Vangelo secondo Luca. Commento di K.H. Rengstorf, Paideia, Brescia 1980, 131.

[4] Novo millennio ineunte, 1.

[5] Cfr. J. Alfaro, Fede, in Sacramentum Mundi, III, Morcelliana, Brescia 1975, 735-736.

[6] S. Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica alle “Briciole di filosofia”, in S. Kierkegaard, Opere. A cura di C. Fabro, II, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1995, 331.

[7] Anche l’atto del credente, come magistralmente c’insegna san Tommaso, “non si ferma all’enunciato, ma va alla realtà: infatti formiamo degli enunciati solo per avere la conoscenza delle cose, sia nella scienza, che nella fede”, Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2, ad 2. A cura dei Domenicani italiani, XIV, Ed. Adriano Salani, Firenze 1966, 42; cfr. M.-D. Chenu, Contribution à l’histoire du traité de la foi. Commentaire historique de II-II, q. 1, a. 2, in M.-D. Chenu, La Parole de Dieu, I. La foi dans l’intelligence, Éd. du Cerf, Paris 1964, 30-50.

[8] Cfr. S. Kierkegaard, Postilla conclusiva..., 261.

[9] Cfr. La Bible traduite et présentée par A. Chouraqui, Desclée de Brouwer, s.l. 1985.

[10] Cfr. Il Vangelo secondo Luca…, 129.

[11] Cfr. The Gospel of Luke. A Commentary on the Greek Text by I. Howard Marshall, The Paternoster Press, Exeter 1978, 202.

[12] Cfr. De Bijbel. Uit de grondtekst vertaald. Willibrordvertaling, Katholieke Bijbelstichting Boxtel in samenwerking met de Vlaamse Bijbelstichting, 1981.

[13] Dios habla hoy. La Biblia con Deuterocanónicos, Sociedad Bíblica Americana, Nueva York 1983.

[14] Cfr. Lc 5, 4.

[15] Cfr. H. Schlier, βάJος, in G. Kittel - G. Friedrich, Grande lessico del Nuovo Testamento, II, Paideia, Brescia 1966, 11.

[16] Vangelo secondo San Luca. Commento di A. Valensin - G. Huby, Studium, Roma 1959, 103.

 

 

 

18/02/2024