Ai fedeli della parrocchia Sagrado Corazón de Jesús di Ypacaraí (Paraguay)

 

Miei cari amici,

seguendo la tradizione della nostra parrocchia, in questi giorni abbiamo iniziato la novena del Sacro Cuore di Gesù.

Tante volte, insieme, abbiamo celebrato questa solennità del Sacro Cuore di Gesù, cercando di andare oltre una celebrazione devozionale, per giungere al senso biblico, ecclesiale e teologico, al significato profondo di ciò che è il Sacro Cuore di Gesù.Homilia 19 19 06 2020 2

“Cuore” è una delle parole fondamentali della teologia biblica. È la sede più profonda dell’esperienza umana, il luogo in cui risiedono gli affetti, i sentimenti, le passioni di ogni persona.

La Bibbia non conosce il pensiero puramente razionale, slegato dal cuore, perché è il cuore stesso che pensa.

Il Concilio Vaticano II, affermando che “dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 5), e che “questo inizio e questa crescita sono significati dal sangue e dall'acqua, che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso” (Lumen gentium, 3), dichiara solennemente che dal Cuore di Gesù, trafitto da una lancia – come invochiamo in una delle litanie del Sacro Cuore di Gesù –, nacque la Chiesa.

Ora è importante tornare a quello che stavamo dicendo.

Se nel pensiero biblico il cuore è colui che pensa, allora la Chiesa nasce dal pensiero e dalla volontà di Dio e non dalla volontà degli uomini.

E nel pensiero eterno di Dio, siamo tutti presenti.

Leggiamo, infatti, nel Catechismo della Chiesa Cattolica che

“Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: il Figlio di Dio ‘mi ha amato e ha dato se stesso per me’ (Gal 2, 20). Ci ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro cuore di Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza (cfr. Gv 19, 34), è considerato il segno e simbolo principale di quell’infinito amore, col quale il Redentore divino incessantemente ama l’eterno Padre e tutti gli uomini” (n. 478).Homilia 19 19 06 2020 1

Nel capolavoro di Georges Bernanos, uno dei maggiori scrittori francesi del secolo scorso, troviamo questa meravigliosa pagina della letteratura spirituale, nel dialogo tra un giovane curato di campagna e un vecchio sacerdote:

“Ho riflettuto molto sulla vocazione – afferma il vecchio sacerdote –. Siamo chiamati tutti, ma non alla medesima maniera. E per semplificare le cose, comincio col cercare di rimettere ognuno di noi al suo vero posto, nel Vangelo. Oh! Certo, questo ci ringiovanisce di duemila anni, e con ciò? Il tempo è nulla, per il buon Dio, il suo sguardo vi passa attraverso. Mi dico che assai prima della nostra nascita – per parlare il linguaggio umano – Nostro Signore ci ha incontrati da qualche parte, a Betlemme, a Nazareth, sulle strade della Galilea, che ne so? Un giorno tra i giorni i suoi occhi si sono fissati su noi e secondo il luogo, l’ora, la congiuntura, la nostra vocazione ha preso il suo carattere particolare. Oh! Non ti faccio passare questo per teologia! Infine, io penso, sogno, ecco!, che se la nostra anima, la quale non ha dimenticato, la quale ricorda sempre, potesse trascinare il nostro povero corpo di secolo in secolo, fargli risalire quest’enorme pendìo di duemila anni, lo condurrebbe direttamente in quello stesso posto”.

A Betlemme, a Nazareth, sulle strade della Galilea... non c’è solo il curato di campagna del capolavoro di Georges Bernanos, ma ognuno di noi è lì, perché tutti, un giorno o l’altro, siamo stati chiamati.

Ognuno di noi, ma non allo stesso modo, ha la sua vocazione.

San Francesco di Sales, Dottore della Chiesa, in una delle sue opere scrive:

“Dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta. Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna secondo la propria specie. Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione”.

Nel Sacro Cuore di Gesù, nel suo pensiero divino e umano, siamo tutti presenti con la nostra diversa vocazione.

Il Cuore di Gesù è Re e centro di tutti i cuori, dalla cui pienezza noi tutti abbiamo ricevuto.

Come diceva Papa Benedetto XVI,

“il costato trafitto del Redentore è la sorgente alla quale dobbiamo attingere per raggiungere la vera conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore. Potremo così meglio comprendere che cosa significhi conoscere in Gesù Cristo l’amore di Dio, sperimentarlo tenendo fisso lo sguardo su di Lui, fino a vivere completamente dell’esperienza del suo amore, per poi poterlo testimoniare agli altri”.

In questa conoscenza e in questo amore ci siamo tutti, nessuno escluso, e ognuno vi è con la sua vocazione e conoscenza particolare.

In questi giorni, molti mi hanno domandato cosa penso del numero di persone stabilito dal Governo riguardo la presenza alla Messa.

Per me, la questione è semplice, molto semplice: se vogliamo essere rispettati, dobbiamo saper rispettare.

Io, per esempio, non sono un virologo e nemmeno un epidemiologo; non sono uno specialista di statistiche comparate e nemmeno uno specialista di ingegneria sanitaria ambientale.

Non compete a me determinare le condizioni di possibilità della frequenza a una celebrazione liturgica.

Grazie a Dio, il tempo del pa’íma he’i (già l’ha detto il sacerdote) è finito.

Rispettiamo ognuno nella sua vocazione.


Cari amici,

viviamo in tempo di Coronavirus e, in questo tempo, celebriamo la nostra novena al Sacro Cuore di Gesù, Cuore che è tesoro inesauribile di sapienza e di scienza, Cuore che è fonte di ogni consolazione.

Accogliamo con libertà di cuore l’invito del 17 maggio 2020 di Papa Francesco:

“Che ognuno possa camminare nella vita, anche attraverso avversità e difficoltà, nelle gioie e nei dolori, rimanendo nella strada di Gesù. Questo è possibile proprio mantenendosi docili allo Spirito Santo, affinché, con la sua presenza operante, possa non solo consolare ma trasformare i cuori, aprirli alla verità e all’amore”.

E non dimentichiamo le ultime parole che, nella stessa omelia, Papa Francesco ha aggiunto nel suo stile inconfondibile:

“Per favore, andiamo avanti con le norme, le prescrizioni che ci danno, per custodire così la salute di ognuno e del popolo”.

La risposta di Papa Francesco è la mia stessa risposta alla domanda che mi è stata posta. E, come dice il Vangelo: “Chi ha orecchi, ascolti” (Mt 13, 9).

Saluto tutti augurandovi ogni bene, tanto affetto e amore.

E su voi tutti e su tutto ciò che di più bello alberga nel vostro cuore discenda e con voi rimanga sempre la benedizione di

Dio onnipotente,

Padre e Figlio e Spirito Santo.

Amen.

 

Don Emilio Grasso

 

 

 

20/06/2020