La lotta per la salute in Camerun
I decenni del nostro impegno missionario in diverse regioni del Camerun, in contesto sia rurale che urbano, ci hanno fatto sperimentare quanto sia cruciale per le popolazioni il problema della salute. In questo settore, abbiamo operato sia nel campo curativo che per la formazione e la prevenzione. Per la Chiesa in Camerun, la salute costituisce tuttora un’importante sfida di evangelizzazione, in vista di un cambiamento profondo nell’abbordo della vita e della malattia.
Curarsi, un lusso
Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per l’anno 2021, la speranza di vita in Camerun è stata di 61,8 anni, in Africa di 63,6 anni[1].
In base alle valutazioni delle istituzioni finanziarie internazionali[2], tuttavia, il Paese destina alla spesa sanitaria più denaro rispetto al resto dell’Africa sub-sahariana. Il paradosso sta nel fatto che sono i camerunesi e non lo Stato ad assumersi la maggior parte di tale onere finanziario.
Nessuna assistenza, infatti, viene fornita senza il pagamento anticipato diretto. Chi è malato e ha bisogno di recarsi al pronto soccorso deve pagare tutto, dai medicinali fino alle siringhe e ai cerotti.
Mentre le famiglie più agiate hanno un facile accesso ai servizi sanitari, le più povere, quindi, devono arrangiarsi e curarsi come e quando possono. Nel 2022, quasi due camerunesi su cinque vivevano al di sotto della soglia di povertà, stimata a 1,24 euro pro capite al giorno[3].
La maggior parte delle persone, dopo essere riuscita a consultare il medico e ad avere la prescrizione, seleziona nell’elenco dei farmaci non i più essenziali, ma quelli che può permettersi di acquistare; lo stesso vale per gli esami medici.
Ecco perché l’automedicazione con erbe medicinali è molto diffusa. Solo quando le condizioni del malato sono estreme, le famiglie si recano negli ospedali dei centri urbani più vicini. Arrivano, spesso, troppo tardi e i medici non possono più fare nulla.
Le offerte di cure
Per cercare di rendere più equo il sistema sanitario, il Governo ha recentemente lanciato il programma di Copertura Sanitaria Universale che, per ora, comprende solo alcuni servizi destinati alle categorie più vulnerabili, come le persone che vivono con HIV/aids o le donne incinte. Essendo finanziato grazie ad aiuti esterni, detto progetto ha suscitato diverse critiche, anche alla luce della cattiva gestione dei fondi ricevuti per la pandemia del COVID-19.
Le strutture ospedaliere sono per la maggior parte fatiscenti e senza un’adeguata manutenzione delle apparecchiature. Solo gli ospedali delle più importanti città del Paese sono attrezzati convenientemente, per gli interventi ordinari. Le unità di terapia intensiva si trovano unicamente nei capoluoghi di regione.
Quanto al settore farmaceutico, esiste un fiorente mercato informale: i prodotti che vi si trovano sono il più delle volte mal conservati e spesso privi di principi attivi. La vendita viene effettuata da venditori ambulanti, nei mercati pubblici e nei negozi di generi alimentari. Le medicine sono vendute sfuse, senza posologia né informazioni scritte. L’uso razionale dei farmaci non è dunque osservato.
Negli ultimi anni, con l’aggravarsi della crisi economica, sono emersi tanti piccoli centri sanitari privati nei quartieri popolari, senza mezzi diagnostici adeguati, spesso con un’igiene approssimativa, e senza personale qualificato che però, al bisogno, esegue interventi oltre le sue competenze.
Nello stesso tempo assistiamo alla piena espansione anarchica della medicina tradizionale a base di piante curative, nei centri urbani. Nelle città si moltiplicano le pratiche di medicina non convenzionale (guaritori e cliniche tradizionali…) e i punti vendita di prodotti naturali ingombrano i marciapiedi dei principali incroci e mercati.
L’importanza dei fattori socio-culturali
Nonostante la pletora di offerte di cure, moderne e tradizionali, il Governo riconosce che i progressi nel campo della salute sono scarsi; ciò, nonostante l’impegno da parte del Ministero della Salute di coordinare e di cercare di regolarizzare le varie iniziative curative. Anche la Chiesa, fin dall’inizio, ha investito molto in favore della salute tramite ospedali e dispensari nelle zone più periferiche, con personale qualificato.
Al di là delle politiche sanitarie, dei pesanti problemi economici, però, l’esperienza ci porta ad affermare che un fattore determinante, a monte della crisi sanitaria, è la mancanza di educazione e di sensibilizzazione delle popolazioni, circa gli aspetti igienici, prima che propriamente medici della salute.
La medicina affronta gli effetti della malattia, ma non ne elimina le cause, che sono legate all’ambiente, ai comportamenti alimentari, alle condizioni socio-economiche, alla precaria pulizia e alla difficoltà di accesso all’acqua potabile. Le persone stesse dovrebbero sentirsi chiamate, nella vita di ogni giorno, a compiere concretamente i “gesti che salvano”, in vista del miglioramento della propria salute.
Questo richiede di cambiare la mentalità per la quale si considera la malattia come una realtà “lanciata”, inflitta spiritualmente dall’esterno da altri, indipendentemente dalla propria volontà. Ciò è legato alla persistenza della credenza nella stregoneria a cui si fa regolarmente ricorso ̶ nonostante l’alto tasso di scolarizzazione ̶ nell’interpretazione di fatti o fenomeni che rompono equilibri personali e sociali. Secondo tale visione, quindi, la malattia ha sempre un’origine esogena e non endogena.
Tali aspetti da noi indicati e sostenuti, perché espressione di una visione più globale della salute, implicano la promozione dell’educazione e della prevenzione e dovrebbero essere tenuti maggiormente in considerazione soprattutto nella formazione del personale sanitario.
A questo livello, la Chiesa ha un ruolo importante da svolgere nell’accompagnamento dei malati in cerca di guarigione e aiuto e del personale medico che si impegna, nonostante la precarietà del contesto, a curare, a guarire e a far vivere.
La Chiesa lo fa portando la Buona Novella della “dignità infinita” di ogni persona umana, creata a immagine di Dio, con un’intelligenza e una volontà che le sono date per cercare e conoscere le cause della malattia e trovare percorsi, conformi alla sua vocazione, con cui affrontarla e migliorare le proprie condizioni di vita.
Il profilo epidemiologico è dominato dalle malattie trasmissibili che si propagano da persona a persona o da animale a persona: l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi. La malaria rimane la principale causa di malattia e mortalità tra i bambini di età compresa tra 0 e 5 anni. Le malattie non trasmissibili emergenti, dovute ai cambiamenti negli stili di vita e nelle abitudini alimentari delle popolazioni, in particolare quelle urbane, sono dominate da patologie cardiovascolari, tumori e traumi dovuti a incidenti. Malattie a potenziale epidemico, in particolare il colera e la meningite, si aggiungono di volta in volta alla morbilità e mortalità delle popolazioni. (Cfr. Organisation Mondiale de la Santé, Stratégies de coopération. Aperçu. Cameroun, in https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/137093/ccsbrief_cmr_fr.pdf;jsessionid=F1C7FF254391C48D820B5E02360F781D?sequence=1) |
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[1] Organisation Mondiale de la Santé, Données. Cameroun, in https://data.who.int/fr/countries/120
[2] Cfr. Groupe de la Banque Mondiale, Un meilleur accès à la santé pour tous les Camerounais, in www.banquemondiale.org/fr/country/cameroon/publication/better-health-care-access-for-all-cameroonians
[3] Cfr. Institut National de la Statistique, Résultats de la 5ème Enquête Camerounaise Auprès des Ménages (ECAM5). Communiqué de presse du 30 Avril 2024, in https://ins-cameroun.cm/wp-content/uploads/2024/04/Communique-de-presse-ECAM5-DG-du-30-avril-2024-ok.pdf
29/09/2024