Non lascerò il ballo. Ci sarà tempo per piangere!

 

Karaû è il nome di un uccello, dal piumaggio nero e dal volo goffo, che vive in lagune, estuari e zone umide del Paraguay. I suoni che emette, specie di notte, sono simili a dei gemiti.

In questo periodo di pandemia del Coronavirus, leggendo i giornali, spesso ci si imbatte in notizie che riferiscono dell’aumento dei casi di contagio tra i giovani che escono a divertirsi nel fine settimana. Anche se la gran parte dei ragazzi contagiati sono asintomatici, con rischi limitati per la loro salute, il problema riguarda i parenti, specie se adulti, anziani o con qualche malattia pregressa. “Siamo stati superficiali”, ha confessato un giovane, dispiaciuto per la morte, a causa del COVID-19, del padre di un amico con il quale aveva partecipato a una festa in cui entrambi avevano contratto il virus. Ha ammesso di essersi fatto condizionare dagli amici e di non aver mai indossato la mascherina durante le feste.

Questo episodio riporta alla mente la leggenda guaranì del Karaû che narra la storia di un bel ragazzo e bravissimo ballerino che viveva con la madre, alla quale riservava tutte le sue cure e attenzioni. Quando l’amata madre si ammalò gravemente, Karaû si dedicò con tutte le sue forze a curarla con piante medicinali e, non ottenendo nessun miglioramento, decise di incamminarsi, una sera, verso la città più vicina. Per strada si imbatté in una festa da ballo, alla quale dapprima si avvicinò per curiosità, ma presto si confuse tra i ballerini. Rimase attratto da una ragazza molto bella che si distingueva per il suo portamento e la sua eleganza e che a sua volta fu attratta da lui.

Dimenticandosi completamente della mamma ammalata, il ragazzo ballò per tutta la notte, fin quando un amico gli disse: “Scusami, Karaû, smetti di ballare, perché tua madre è morta”. Lui rispose: “Non importa, mio buon amico. Non lascerò il ballo. Quello che doveva morire è già morto! Ci sarà tempo per piangere!”.

All’alba, terminata la festa, ormai stanco, chiese alla bella ragazza dove vivesse. Lei rispose che la sua casa era molto lontano e che, probabilmente, se fosse andato a vivere con lei avrebbe avuto nostalgia di sua madre.

Ascoltando queste parole Karaû la salutò e, assalito dal rimorso, lasciò il luogo della festa piangendo e ripetendosi che sua madre era morta.

Per molto tempo vagò senza trovare consolazione. Il dio Tupã lo punì per essere stato un cattivo figlio. Gli abiti scuri che indossava, consumati e sbiaditi dal tempo e dalle intemperie, furono ridotti a brandelli e successivamente trasformati in piume; le braccia divennero ali e il corpo prese la forma di un uccello. Fu condannato a piangere emettendo un grido simile a dei gemiti.

La leggenda racconta che il dio Tupã punì anche la bella giovane, Pollona, che l’aveva affascinato facendogli dimenticare i suoi doveri verso la madre malata. Pollona fu trasformata anche lei in un uccello che, come il Karaû, vive negli estuari e nelle lagune del Paraguay. I guaranì credono che quando Karaû si lamenta, Pollona cerchi di consolarlo.

Dietro questa leggenda, che racconta come nel ragazzo la passione, l’immaturità, l’impeto dell’innamoramento furono più forti dell’affetto e della lealtà che avrebbe dovuto dimostrare verso la mamma gravemente inferma, si celano insegnamenti e avvertimenti per la vita quotidiana.

La passione di Karaû per la danza crebbe al punto di entrare in conflitto con i suoi doveri verso la madre.

Nell’universo delle passioni umane c’è una linea, invisibile ma reale, che fissa i limiti dentro i quali possono essere vissute. Molti li ignorano o, ancor più, ne negano l’esistenza, trascinati dalle passioni che li ricreano, li entusiasmano e li alienano anche dalla realtà. Solo con il ritorno alla realtà ci si rende conto, con tristezza e rabbia, di aver superato quella linea. È allora che ci si giustifica, pronunciando frasi stupide come: “Siamo stati superficiali”.

Questo racconto finisce con un severo ammonimento: domina le tue passioni, se non vuoi finire trasformato in un uccello che emette lamenti.

Gladys Carmen Méndez Alcaraz

 

 

 

16/09/2020