Mbokaja (l’albero di cocco) è una palma dal tronco spinoso alta fino a venticinque metri e molto rappresentativa della vita e della storia del Paraguay.

Nella ricca e variegata mitologia guaranì, la palma mbokaja è considerata un albero sacro ed è generalmente associata alla salvezza e alla sopravvivenza. L’albero di cocco era sacro alla tribù guaranì poiché, secondo la leggenda, antenati guaranì sopravvissuti a una grande inondazione – i guaranì conoscevano anche un mito sull’alluvione, che risale a prima dell’arrivo degli europei – si erano salvati arrampicandosi appunto sulla cima di un albero di mbokaja.

Sebbene l’albero di cocco sia meglio conosciuto per i suoi fiori e i suoi frutti profumati, è una delle piante più utili di questo Paese. Il mbokaja, infatti, è chiamato albero a tre piani, perché permette che accanto a lui si piantino, in altre file, manioca o patata dolce, così come altri tipi di legumi, senza alcun danno alla loro crescita: il contadino, quindi, non dipenderà solo dall’albero di cocco. Il frutto, oltre a essere commestibile, serve anche per la produzione di saponi e oli attraverso la sua polpa e il seme. Le foglie si possono utilizzare per l’alimentazione del bestiame e nella fabbricazione di prodotti artigianali, e le radici sono utilizzate nella medicina naturale.

Adesso, in tempo di pandemia, questa palma è tornata in auge e in varie pubblicazioni si può leggere della sua bontà nutrizionale. Vi è soprattutto un forte richiamo all’utilizzo del sapone di mbokaja. Lavarsi le mani è tra le misure più importanti che ogni cittadino e ogni operatore sanitario possano prendere per prevenire la diffusione delle infezioni e l’epidemia di COVID-19. Nel nostro Paese il principale alleato è il sapone mbokaja, che è un ottimo antibatterico naturale e, oltre a chiudere le porte a virus, batteri e funghi, ha innumerevoli benefici per la pelle.

È triste che ci sia voluta una pandemia per ricordarci delle qualità di questo albero amato e venerato dai nostri antenati guaranì. Più triste ancora è che ci rendiamo conto che i grandi e gravi incendi provocati nel nostro Paese, favoriti dalla siccità e dalle alte temperature, stanno eliminando questa palma che ha un’età utile di più di novanta anni.

Questa palma fiorisce nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Il suo fiore (mbokaja poty, “fiore di cocco”, in guaranì) emana un profumo caratteristico che invade l’intero ambiente, ed è il più tipico degli aromi del Natale paraguaiano.

Siamo già nel mese di novembre, ma percepiamo, per ora, solo il fumo di alberi bruciati e ci domandiamo se quest’anno avremo ancora la possibilità di dire che Natale in Paraguay è sinonimo di caldo intenso e di fiori di cocco: un profumo naturale che inonda questo periodo dell’anno, annunciando che i festeggiamenti sono arrivati e che l’anno sta finendo.

La storia indica che, poiché l’albero di cocco era una pianta sacra per i guaranì, associata alla loro salvezza, ai tempi dei missionari spagnoli fu offerto a Gesù Bambino nel corso dell’opera di evangelizzazione. Questa integrazione tra tradizione cristiana e miti guaranì fa sì che fino a oggi il fiore di cocco sia una delle peculiarità locali, in Paraguay, per la celebrazione del Natale. La mangiatoia del presepe viene decorata con fogliame naturale e con diversi frutti nella mangiatoia, ma l’elemento più tipico della decorazione continua a essere il fiore di cocco, come un tratto distintivo. Sentendone l’aroma, noi paraguaiani sappiamo che i festeggiamenti sono vicini, che sta arrivando un nuovo anno e che il caldo sta per invaderci con maggiore intensità, ma quest’anno comprendiamo più che mai che anche tutta la natura, ferita, geme con l’uomo e attende la sua redenzione.

Gladys Carmen Méndez Alcaraz

 

 

 

06/01/2021