Internet ha operato indubbiamente una rivoluzione culturale di cui è necessario prendere piena coscienza: vi sono aspetti positivi ed affascinanti, ma anche numerosi rischi.
Soprattutto per le nuove generazioni, la comunicazione digitale opera una vera trasformazione antropologica di cui si comincia solo ora ad avere più consapevolezza.
Ci addentriamo nel tema Internet e nella vasta bibliografia relativa, invitando ad una apertura critica a questi mezzi del futuro e facendo emergere la sfida educativa lanciata da essi.
È un cantiere di riflessione che inauguriamo, coscienti della sua ampiezza e che richiederà da parte nostra attenzione e riflessione nel tempo.
Non si torna indietro al predigitale
Le scoperte scientifiche hanno spesso creato reazioni di rifiuto verso la novità e i cambiamenti che da esse potevano emergere per il futuro. Ricordiamo, durante la rivoluzione industriale, nel 1700, il movimento luddista che voleva distruggere le macchine, perché soppiantavano le persone nel lavoro delle industrie. Pensiamo anche alla scoperta ambivalente dell’energia nucleare, applicabile ad uso civile o militare, nel secolo scorso, e alle reazioni di rifiuto che essa ha suscitato. Gli esempi, in questo senso, si potrebbero moltiplicare.
Se vi è, da una parte, la resistenza alla novità di ogni generazione, dall’altra parte, s’impone la necessità di una consapevolezza dei problemi etici suscitati dalle scoperte scientifiche. Quest’ultime sono segno di grandezza della creatività umana, ma sono anche possibilità di manipolazione e di utilizzazione contro l’uomo stesso.
La vasta letteratura sul tema Internet mostra come esso tocchi e trasformi molti settori della vita dell’uomo contemporaneo e chieda un profondo discernimento, non solo sull’uso del mezzo tecnico in sé e sul suo impatto psicologico e culturale sugli utenti, ma anche sui rischi di strumentalizzazioni economiche, politiche e culturali.
C’è bisogno di una riflessione profonda su questi strumenti, ma, d’altra parte, non è possibile né auspicabile tornare indietro e lasciarsi alle spalle la tecnica e l’era digitale.
Internet può essere considerata una delle più brillanti scoperte dell’uomo, ma rischia di influire negativamente sulla capacità di creatività dell’uomo.
“È importante piuttosto divenire consapevoli della enormità della posta in gioco, la dignità dell’essere umano e la sua libertà”[1].
Internet è un fenomeno mondiale: rileviamo che nell’ottobre 2019 gli utenti Internet nel mondo erano calcolati a 4,479 miliardi, il 58% della popolazione mondiale, anche se le possibilità di accesso sono diverse in Occidente e nei paesi del Terzo Mondo e vi è fra le due realtà un profondo divario.
In Europa occidentale, ad esempio, si arriva al 94% della penetrazione Internet nella popolazione, mentre in Africa occidentale, ad esempio, si calcola al 41%[2] (vedi riquadri statistiche).
I nativi digitali
I giovani, nati nel nuovo millennio che ha diffuso su vasta scala questi mezzi elettronici di comunicazione sul web, lanciato nel 1991, con i quali si sono familiarizzati sin dall’infanzia, vengono chiamati nativi digitali, millennial. Questa definizione, usata per la prima volta nel 2001, è divenuta presto uno slogan atto a definire un settore della popolazione alla quale destinare i nuovi prodotti elettronici, come i videogiochi[3].
Da una parte, c’è da considerare che la definizione delle generazioni è convenzionale e non vi sono cesure nette nella storia della cultura e fra le generazioni, come se l’ultima di esse fosse una nuova “razza”.
Rimane vero, d’altra parte, che i cosiddetti nativi digitali sono stati già influenzati profondamente dai mezzi elettronici di comunicazione nell’elaborazione della conoscenza del mondo, in cui la dimensione privilegiata da Internet è quella audiovisiva: l’immagine stimola la dimensione emotiva, le numerose e rapide ricerche sincroniche tendono ad appiattire l’utente sulla dimensione culturale del presente.
Le generazioni precedenti si erano educate, invece, essenzialmente attraverso la scrittura e la lettura; tali forme, nella loro linearità e successione diacronica, avevano sviluppato maggiormente la dimensione logico-razionale e storica.
Un’occhiata a qualche statistica ci mostra la tendenza di questa trasformazione culturale che trascura la lettura.
Se pensiamo che, ad esempio, in Italia vi sono più di 54,80 milioni di utenti su circa 60 milioni di abitanti, il 92% dunque della popolazione, e che si valuta mediamente a 6 ore il tempo passato in Internet, ci possiamo rendere conto di quanto l’utilizzazione del web possa incidere sull’educazione[4].
Internet non ha segnato, però, la morte dei libri, che hanno difficoltà, ma resistono, si adattano al nuovo contesto e vengono proposti anche in versione digitale.
L’atteggiamento dei giovani non è plasmato solo da Internet. Vi è una cultura della società in cui vivono che andrebbe letta e analizzata storicamente.
Il rapporto fra Internet e cultura post-moderna, definita light o liquida, è ampio e molto importante; esso richiede un approfondimento specifico sulla dimensione narcisistica di alcune forme di comunicazione, immediata e frammentaria[5].
Uso consapevole della Rete
I dati statistici ci mostrano l’ampiezza e l’impatto d’Internet sulle nuove generazioni, sul tempo di utenza e sul modo di comunicare. Il fenomeno interessa anche gli adulti che sono riusciti ad aggiornarsi nelle competenze tecniche necessarie per accedere al web.
All’affacciarsi d’Internet nella società, vi sono state su questi aspetti reazioni appassionate, come spesso avviene di fronte a nuove scoperte: vi erano i detrattori e coloro che ne erano entusiasti.
Oggi, rimangono ancora voci critiche, spesso più pacate. Globalmente, si afferma che non si tratta di demonizzare i social media, ma di chiedersi la finalità del loro uso e di equilibrarlo con altre forme di comunicazione e di educazione. Alcuni suggeriscono che a un’ora d’Internet, dovrebbero corrispondere due ore di lettura.
Viene sottolineata, più in generale, l’esigenza di una profonda consapevolezza del problema; alcuni autori attenti al tema parlano della necessità di un vero “esame di coscienza” sul modo e sul tempo di utilizzazione della Rete. Invitano a chiedersi cosa si cerca in Internet, quale solitudine si vuole sfuggire, quale concezione si ha del modo d’intessere le relazioni. La ricerca delle relazioni, infatti, è una delle motivazioni principali dell’uso dei social media, ma si constata che, paradossalmente, in Rete le relazioni diventano virtuali e perdono di fisicità e concretezza.
In questo senso, l’autore Giovanni Cucci ci invita a riflettere sul posto che diamo a Internet nella nostra vita, per evitare ogni eccesso che possa condurre alla dipendenza:
“Quali sono per noi le cose più importanti e quali invece quelle che di fatto perseguiamo? Cosa stiamo perdendo? Ci sembra di penalizzare aspetti importanti della nostra vita?”[6].
Le cause di un uso smodato d’Internet vanno ricercate innanzitutto nella vita fuori rete (offline) ed è al livello personale che vanno sanati tali squilibri:
“Il tentativo disperato di essere sempre connessi è la vera radice del problema, perché porta a considerare la solitudine, il silenzio, come mali da fuggire, e non invece come il bene più prezioso. Avere sempre dei riscontri, essere alla ricerca dell’ultimo messaggio o di qualche ‘mi piace’ in più, rivelano la fragilità della considerazione di se stessi. E alla fine si soffre
molto di più di quanto si dovrebbe perché le sofferenze più terribili sono le costruzioni immaginarie circa il possibile significato dei molteplici messaggi che ci bombardano ogni giorno”[7].
Si moltiplicano allora studi, giornate, convegni, “istruzioni per l’uso” d’Internet. Un tema che preoccupa è quello della dipendenza digitale, in particolare per i videogames; questa dipendenza, il gioco compulsivo, viene trattata medicalmente in ambulatori e cliniche specializzate, come altre assuefazioni alle droghe[8].
I giovani esprimono il loro malessere nel mondo non connesso (offline), ritirandosi in quello in rete (online). Su Internet, come noto, circola anche l’imitazione di una cultura di morte, con l’aumento dei suicidi fra i giovani.
Questo dimostra che il mondo digitale presenta opportunità, ma anche molti rischi.
Questi e nuovi interrogativi, come vedremo in altri approfondimenti sul tema, continuano ad emergere ed inquietare oggi la coscienza critica degli attenti osservatori sociali.
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[1] G. Cucci, Paradiso virtuale o infer.net? Rischi e opportunità della rivoluzione digitale, Ancora - La Civiltà Cattolica, Milano 2015, 59.
[2] Cfr. https://wearesocial.com/blog/2019/10/the-global-state-of-digital-in-october-2019
[3] Cfr. G. Cucci, Internet e cultura. Nuove opportunità e nuove insidie, Ancora - La Civiltà Cattolica, Milano 2016, 17 ss.
[4] Cfr. https://wearesocial.com/blog/2019/01/digital-2019-global-internet-use-accelerates
[5] Cfr. E. Grasso, La vita vale la pena di essere vissuta?, in Missione Redemptor hominis” n. 123-124 (2018) 1-2; disponibile anche su questo sito: http://www.missionerh.com/site/index.php/it/rubriche1/scritti-di-emilio-grasso/articoli/144-la-vita-vale-la-pena-di-essere-vissuta
[6] G. Cucci, Paradiso virtuale o infer.net?..., 74.
[7] G. Cucci, Paradiso virtuale o infer.net?..., 74-75.
[8] Cfr. G. Cucci, Internet e cultura..., 139 ss.
02/03/2020