“‘In Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga’, osservava Luis de León, mistico spagnolo del ’500 e geniale lettore della Bibbia. Questa navigazione nell’esperienza in genere, e nell’esperienza spirituale in Dio in particolare, è impresa molto ardua, perché ci s’imbatte in un mare di difficoltà”[1].
Ma senza navigare, senza questo viaggiare verso nuovi mari e nuove terre, ci si illude di poter continuare a vivere cristianamente[2].
Nel piano spirituale non v’è possibilità di rimanere fermi sul posto, come beati possidenti definitivamente installati in ciò che si ritiene per sempre acquisito.
Non esiste altra scelta: o si avanza o si indietreggia fino a una condizione di gran lunga peggiore di quella di partenza.
Giovanni Cassiano, le cui Conferenze ai monaci ebbero notevole influsso su san Benedetto e incisero profondamente sullo sviluppo del monachesimo occidentale, così si esprime in materia: “Noi dobbiamo dedicarci con cura incessante e sollecita all’esercizio della virtù e tenerci occupati continuamente in quella pratica, affinché, venendo a cessare il nostro progresso, non ne segua immediatamente il nostro regresso ... In realtà, non progredire equivale a regredire, perché il desiderio, se rinuncia ad avanzare, non mancherà del pericolo di retrocedere”[3].
Il viaggio in Dio non è mai un viaggio fuori della storia né tanto meno al di fuori dell’incontro con gli uomini. Ma questo viaggio non è neanche una fatalità o un destino del quale ci sfugge completamente l’intelligenza.
Fede e intelligenza non si oppongono, essendo l’intelligenza dono dello Spirito ed essendo sempre la fede, secondo la classica espressione di Chenu, “fede nell’intelligenza”[4].
Come i libri che l’hanno preceduto anche questo è una raccolta di scritti d’occasione, senza nessuna pretesa di un lavoro sistematico. Ha come filo conduttore i vari avvenimenti accaduti durante il proseguo del mio viaggio. Ciò che ho detto in proposito in altre pagine vale anche per questo libro[5].
Ho cercato di capire quel che vivevo e di vivere quel che capivo.
E poiché “il segno più alto che si ama il prossimo come se stessi è quello di contribuire a rendere il prossimo intelligente”[6], mi sono adoperato ad approfondire varie questioni in un confronto con differenti espressioni culturali.
Ho tentato di ricostruire un percorso e di rintracciare un filo conduttore di questo viaggio.
In analogia alla vita trinitaria ove è il Padre l’origine e la fonte della relazione d’amore, sono partito dalla memoria come fonte dell’intelligenza e della volontà.
Oggi la memoria sembra trovarsi come sperduta in un Labirinto, pronta a essere divorata dal Minotauro. Se con pazienza non riusciamo a ritrovare il filo conduttore con l’aiuto di Arianna, poiché da soli dal Labirinto non si esce vivi, continuare a parlare d’intelligenza e volontà è solo giocare nel vuoto.
A partire da questa memoria e purificandola da tante amnesie interessate, dando a essa un valore esemplare e non rimanendo chiusi nella compiacenza dello sterile ricordo, l’Africa è chiamata alle sfide della razionalità, a confrontarsi e a dare risposte alle grandi problematiche che l’attanagliano. Si tratta di capire, di intelligere e non di sfuggire cercando sempre un mitico capro espiatorio su cui scaricare le proprie responsabilità.
La volontà è operazione che cerca di realizzare ciò che l’intelligenza vede. E l’intelligenza si applica al materiale che la memoria offre.
Perdere queste relazioni vuol dire continuare a girare a vuoto, navigare e navigare per poi ritrovarsi sempre al punto di partenza.
La mia esperienza mi dice che s’incontrano tante persone che lavorano e lavorano duramente senza mai fermarsi. Ma come Sisifo, dopo aver fatto rotolare l’enorme macigno fino alla vetta, giunte alla meta vedono che questo costantemente sfugge e rotola in basso, costringendole a ricominciare l’eterna fatica.
La volontà scaturisce dall’intelligenza e l’intelligenza, per rompere il moto circolare d’un eterno ritorno che ci riporta sempre al punto di partenza, deve essere intelligenza della memoria che giunge fino al profondo da cui è dato il senso del tutto[7].
Memoria di Dio, dunque, e non solo memoria dell’uomo.
È questo il filo che lega i differenti articoli e dà loro unità.
La cantina di Annie in Olanda o le carceri di Mbalmayo in Camerun; gli scritti del Vescovo di Hasselt in Belgio o il dibattito sugli immigrati in Europa; la beatificazione nello stesso giorno di uomini tanto diversi o la questione della globalizzazione; gli schematismi ideologici o la ripetizione acritica di luoghi comuni..., tutto questo può essere vissuto come porti in cui fermarsi durante la navigazione. Ma, alla fine, il viaggio deve porre interrogativi e richiede risposte in prima persona.
La parola è parola autentica quando svela il profondo del cuore di chi la pronuncia, si rivolge a un’altra persona, ha un contenuto, rivela chi è l’altro, crea comunione; fosse anche nel rifiuto, nel silenzio, nel fallimento, nella croce.
Solo questa è parola.
Per questo alla fine mi sono interrogato su me stesso, sulla mia comunità, sulla notte della vita consacrata oggi.
È solo vivendo fino in fondo questa notte che si può continuare a sperare nell’alba del nuovo giorno.
Quest’alba sarà vissuta da chi, lasciandosi come Teseo aiutare da Arianna, saprà liberare dal Labirinto la memoria che lì si è persa e, applicando a essa l’intelligenza e la volontà, saprà scrivere una pagina bella perché capace di coniugare e unire all’antico il sempre nuovo.
Nell’ultima parte ho riflettuto insieme a persone che non hanno altra vocazione e altro desiderio che quello di vivere il Vangelo au maximum d’urgence. Ho indagato con loro sui fondamenti della vita in comune.
Adesso m’interrogo: continuerò ancora a navigare? Finirò anch’io con l’installarmi e contentarmi delle cose che ho, finendo con lo scambiare la tenda per la stabile dimora? Sfuggirò il confronto quotidiano, a volte aspro e crocifiggente, con un mondo che cerca le scorciatoie e le facili soluzioni e rifiuta, o non capisce, il messaggio della Croce?
Avrò paura della solitudine e dell’abbandono e finirò col cercare accordo e consenso pur di evitare il conflitto che la parola evangelica ci promette come compagno fedele?
Saranno veramente, come nella mia “memoria delle origini”, i poveri la mia biblioteca o, verso la fine dei miei anni, diventerò ridicolo ai miei stessi occhi barattando per un piatto di lenticchie il dono ricevuto e nel quale credo?
M’interrogo e, fino alla fine che incombe, sono chiamato a rispondere e di nuovo a interrogarmi.
Avrò ancora la capacità, e per quanto tempo ancora, di essere fedele alla parola che lessi in Mounier nella mia prima giovinezza: “... L’événement sera notre maître intérieur...”[8], e che mi sono sempre sforzato di vivere?
Una sola è la mia certezza: “La Chiesa è come una nave; ha con sé Cristo in qualità di esperto pilota e porta nel suo centro la croce del Signore, il segno di vittoria contro la morte”[9].
Ed è solo restando su questa Nave che la navigazione continua.
_________________________
[1] L. Borriello, L’esperienza, in “Teresianum” 52 (2001) 593; cfr. D. Gutiérrez, León (Luis de), in Dictionnaire de Spiritualité, IX, Beauchesne, Paris 1976, 634-643.
[2] Il tema della nave e del navigare è ampiamente sviluppato dai Padri della Chiesa. All’interno di questa teologia la navicula animae non è altro che un caso particolare della grande nave della Chiesa, cfr. H. Rahner, L’ecclesiologia dei Padri. Simboli della Chiesa, Paoline, Roma 1971.
[3] G. Cassiano, Conferenze ai monaci (I-X), Lib. I, Conf. VI, 14, Città Nuova, Roma 2000, 265.
[4] Cfr. M.D. Chenu, La Parole de Dieu, I. La foi dans l’intelligence, Cerf, Paris 1964; cfr. M.-M. Labourdette, Dons du Saint-Esprit. IV. Saint Thomas et la théologie thomiste, in Dictionnaire de Spiritualité, III, Beauchesne, Paris 1957, 1610-1635.
[5] Cfr. E. Grasso, Postfazione, in E. Grasso, Il Volto in ogni volto. Uomini e donne alla periferia del mondo, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 1999, 171-176.
[6] I. Biffi, Grazia, ragione e contemplazione. La teologia: le sue forme, la sua storia, Jaca Book, Milano 2000, 34.
[7] Per una breve e chiara sintesi sul rapporto intelligenza-volontà, cfr. J. Maritain, I tre riformatori. Lutero - Cartesio - Rousseau, Morcelliana, Brescia 1990, 75-84.
[8] E. Mounier, “L’événement sera notre maître intérieur”, in E. Mounier, Œuvres, IV. Recueils posthumes. Correspondance, Éd. du Seuil, Paris 1963, 817.
[9] Ippolito, De antichristo, 59, cit. in H. Rahner, L’ecclesiologia dei Padri..., 966.
Emilio Grasso, Come una nave. Ieri oggi e domani nella memoria di Dio, EMI, Bologna 2001, 160 pp.
INDICE
Premessa |
7 |
|
Purificare la memoria |
11 |
|
L’Africa e la razionalità |
23 |
|
Le sfide teologiche della purificazione della memoria in Africa |
45 |
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Nel profondo degli inferi |
55 |
|
La cantina di Annie |
59 |
|
La radicalità dell’amore |
61 |
|
Non idealizzare o demonizzare gli immigrati |
75 |
|
Per una presenza nel mondo libera da schematismi ideologici |
81 |
|
Luoghi comuni |
87 |
|
I beati della discordia |
93 |
|
Quanto conta il Sud del mondo? |
99 |
|
La notte della vita consacrata oggi |
109 |
|
Per un primo approccio alla vita in comune |
123 |
|
La comunità, scuola di carità |
127 |
|
Sacra Scrittura e comunità |
135 |
|
Interiorità – Comunità – Popolo |
145 |