Intervista a don Rob Merkx, sacerdote nei Paesi Bassi

 

Rob Merkx ci accoglie da tempo nelle parrocchie di Sittard, di cui è parroco e decano, nella diocesi di Roermond (Paesi Bassi), dove presentiamo le nostre pubblicazioni per aiutare a riscoprire le ragioni della nostra fede.

Siamo state presenti in quelle parrocchie già al tempo di mons. Wilbert van Rens, ora decano emerito, anche da lui accolte con grande sensibilità e spirito missionario.

Abbiamo intervistato don Rob durante la sua visita alla nostra comunità di Genk, in Belgio, in una piacevole e amichevole serata.

 

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  • Caro don Rob, cosa significa la nostra testimonianza per i fedeli delle parrocchie a te affidate?

Siete volti conosciuti ai miei parrocchiani, poiché venite abitualmente nelle nostre chiese e questo è molto apprezzato e trasmette un senso di continuità. I fedeli hanno imparato a conoscervi e, in un certo modo, vi considerano parte della nostra comunità parrocchiale. Quando siete presenti è bello vedere, dopo la Messa, persone che rimangono a parlare con voi, chiedendo del vostro impegno. Ritengo molto importante la testimonianza di chi trasmette ciò in cui crede, comunicata per esempio attraverso scritti che ci possono essere utili. Chi prende e sfoglia i vostri libri, si può imbattere in espressioni come “fede e ragione” e può essere stimolato a un approfondimento. I libri sono accessibili, facili da leggere, si presentano in una bella edizione e sono utili i riquadri che spiegano temi non molto conosciuti come, ad esempio, di cosa tratta la Lettera a Diogneto. Gli argomenti esposti fanno riflettere, sono di contenuto elevato e interessano anche noi sacerdoti.

  • Quanto le nostre pubblicazioni possono contribuire all’approfondimento e all’apertura missionaria delle parrocchie?

Presentare sporadicamente qualcosa in chiesa non produce grandi effetti; diverso è con voi perché venite ogni anno nelle nostre chiese, eravate già le benvenute con il mio predecessore e presentate sempre nuovi testi. Questa costanza è necessaria nel trasmettere l’annuncio e la vostra tenacia vi ha permesso di visitare tutte le parrocchie di Sittard, di avere reti di contatti che hanno creato dei legami e questo permette la trasmissione del messaggio di fede.

È una caratteristica del missionario: non arrendersi mai. Come sacerdote cerco di esserlo anch’io, senza prendere scorciatoie. Se non si lavora, se ci si rinchiude nella propria cerchia e nelle proprie sicurezze, non si ottiene niente. Cerco di trasmettere questa tenacia e di viverla: “Coraggio, avanti, prendi l’iniziativa con quel ragazzo che mostra un’apertura alla fede…”.

Per un credente lo spirito missionario fa parte del proprio bagaglio di fede e richiede resistenza, capacità di incassare fallimenti senza aspettarsi frutti immediati. Spesso comporta solitudine: ma se siamo convinti che abbiamo un buon prodotto da offrire a persone che a prima vista non sembrano interessate, dobbiamo saperle coinvolgere, dobbiamo cercare di interpellarle.

D’altronde, la missione oggi non riguarda solo i Paesi lontani: anche qui nei Paesi Bassi, come in Belgio e nel Nord-Europa, la Chiesa è in terra di missione. Non siamo più in una situazione di Chiesa di popolo e bisogna avere il coraggio di accogliere una doppia sfida: come raggiungere nuovi credenti e come portare quelli che vengono in chiesa per abitudine a riscoprire Cristo.

Nelle tredici parrocchie affidate a me e a un cappellano, celebro circa 300 funerali all’anno, con una partecipazione in media di 150 persone per volta, che non vengono mai in chiesa. La pastorale dei funerali è diventata per me un canale di evangelizzazione importante dove ho l’occasione di seminare la Parola a largo raggio: lo faccio con amore e con cura e, chissà, un giorno germoglierà qualcosa!

  • Quale delle nostre pubblicazioni ti è piaciuta di più?

Ho letto con grande beneficio, durante un ritiro, Dal sacrificio alla festa, il primo libro della vostra serie pubblicata in neerlandese. Quella lettura mi ha portato a una nuova consapevolezza: spesso celebro anche quattro Messe consecutive, con il rischio, per stanchezza, di ripetere meccanicamente parole e gesti. Ho capito che, in ogni celebrazione, davanti a me ci sono persone che “hanno fame” e allora: chi sono io per rifiutarmi di dare loro il Pane Vero? Ogni celebrazione è l’unica e vi metto tutto me stesso.

Ci sono anche altri libri, come quelli sulla parola di Dio, che sottolineano che la Parola interpella ognuno di noi; mi ritrovo in questa impostazione, perché è importante per la formazione mettere il Vangelo in contatto con l’uomo e porgli la domanda: che cosa ti vuole dire Dio?

Dio ci parla in diverse maniere, anche attraverso i dieci comandamenti che nel mondo di oggi sono percepiti come regole che “tarpano la libertà”. La libertà, però, non è illimitata, è situata nello spazio e nel tempo, come dice Heidegger. Ovunque ci sono delle regole da rispettare per vivere meglio, questo vale per la società e anche per la Chiesa.

Il mio augurio è che il Signore conceda sempre a voi e a me uno spirito missionario e benedica l’impegno che portiamo avanti.

(A cura di Maria Cristina Forconi)

 

 

 

17/10/2024