Lettera aperta alle Autorità istituzionali del Comune di Ypacaraí

 Ypacaraí, 12 gennaio 2009

 

Stimati Signori,

mi rivolgo a voi nella vostra funzione di massimi rappresentanti di questa Città, la cui parrocchia mi è stata affidata dal Vescovo della diocesi di San Lorenzo alla quale appartiene.

Secondo il canone 519 del Codice di Diritto Canonico, il parroco ha, in tutto il territorio della parrocchia, la responsabilità personale dell’esercizio delle funzioni d’insegnare, santificare e governare, relative alla cura pastorale dei suoi fedeli.

Nell’ambito di questa responsabilità, voglio assicurare a tutti i signori Consiglieri Comunali e a ogni Autorità istituzionale, rappresentante o membro della società civile, che

“la Chiesa è ben consapevole che alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, cioè la distinzione tra Stato e Chiesa. Tale distinzione e tale autonomia non solo la Chiesa le riconosce e rispetta, ma di esse si rallegra, come di un grande progresso dell’umanità e di una condizione fondamentale per la sua stessa libertà e l’adempimento della sua universale missione di salvezza tra tutti i popoli. In pari tempo la Chiesa sente come suo compito … di risvegliare nella società le forze morali e spirituali, contribuendo ad aprire le volontà alle autentiche esigenze del bene. Perciò, richiamando il valore che hanno per la vita non solo privata ma anche e soprattutto pubblica alcuni fondamentali principi etici, di fatto la Chiesa contribuisce a garantire e promuovere la dignità della persona e il bene comune della società, ed in questo senso si realizza l’auspicata vera e propria cooperazione tra Stato e Chiesa”[1].

Questi principi della relazione tra Chiesa e Stato devono dirigere anche le relazioni tra Parrocchia e Città.

L’edificazione di una città giusta non appartiene direttamente all’attività pastorale del clero.

Secondo l’etimologia della parola, la costruzione della città (pólis) appartiene all’impegno politico e la politica è la missione dei laici e non del clero.

Nella sua missione evangelizzatrice, tuttavia, compete alla Chiesa ricordare a tutti i cittadini, in particolare a voi, che l’impegno politico è autentico nella misura in cui non cerca l’interesse particolare, ma il bene comune, offrendo condizioni di maggiore dignità a ogni membro della città, sempre partendo dai più poveri, deboli e abbandonati.

Come afferma il Card. Angelo Comastri, Arciprete della Basilica Papale Vaticana e Vicario Generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano, “quando sono tutelati i più deboli e i più poveri, la politica è sana perché è libera da interessi di parte e dalla logica del potere di più per avere di più e dell’avere di più per potere di più”[2].

Secondo Giorgio La Pira, un grande politico italiano di cui è in corso il processo di beatificazione, chiamato dal popolo il sindaco santo, ai politici appartiene il compito di costruire una città nella quale ci sia un posto per tutti: un posto per pregare (la chiesa - nel rispetto della libertà religiosa di ogni cittadino), un posto per amare (la casa), un posto per lavorare (l’officina), un posto per pensare (la scuola), un posto per guarire (l’ospedale)[3].

A questo punto, faccio mia la profonda riflessione del Card. Angelo Comastri:

“Giorgio La Pira, tra i luoghi fondamentali che rendono umana e felice la città, non indica la discoteca o lo stadio o la moltiplicazione dei canali televisivi e neppure la pista per la Formula Uno. Perché? Perché tutto questo è marginale (desidero sottolinearlo!) per il raggiungimento della felicità nella città degli uomini, mentre sono decisivi i luoghi degli affetti veri dove sbocciano e possono crescere i figli (= la famiglia), i luoghi del lavoro dove si guadagna il pane con il sudore e non con i quiz, i luoghi della educazione del pensiero e della qualificazione professionale per spendersi per gli altri e non per far carriera a spese degli altri, i luoghi della preghiera dove si offre il pane indispensabile del significato dell’avventura umana e, infine, i luoghi dove ogni ammalato sperimenta la premura di tutta la società per coloro che vivono la stagione del dolore (stagione che, prima o poi, spunta nel calendario di tutti). Oggi, invece, la politica determinata dal consumismo sfrenato è portata a moltiplicare soltanto consumi e divertimenti, mentre si disinteressa dei luoghi che immettono significato e orizzonti spirituali nella vita umana: e così ci ritroviamo a gestire una società inquieta, violenta, chiusa al dono della vita e, addirittura, stanca di vivere perché non sa più perché vivere”[4].

Riaffermando il pieno rispetto della distinzione tra la sfera pastorale (che mi appartiene) e la sfera politica (che appartiene a voi e a tutti i cittadini di questa città) – distinzione che non significa separazione e che esige collaborazione e dialogo, nella ricerca del bene autentico di tutti i membri dell’amata città di Ypacaraí –, io v’invio, all’inizio del nuovo anno, questa semplice e umile lettera, assicurandovi tutta la mia collaborazione, affinché Ypacaraí possa risplendere su tutta la terra come una stella luminosa che indica, non solo a quelli che vivono in essa, ma anche a tutte le nazioni, un cammino di vita e di bellezza.

Che ogni persona che abbia la grazia di venire a Ypacaraí possa applicare a se stessa le parole del profeta Isaia:

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9, 1).

A voi e a tutti i cittadini della nostra amata città di Ypacaraí, invio il mio saluto più cordiale.

 

Don Emilio Grasso

Parroco

 

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[1] Benedetto XVI, Visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede (13 dicembre 2008), in Insegnamenti di Benedetto XVI, IV/2, Libreria Editrice Vaticana 2009, 839-840.

[2] A. Comastri, Giorgio La Pira. Un maestro che aspetta dei discepoli, Loreto 2004, in https://www.cantogesu.it/versogesu_ac01lagioiadiesserecristiani/pdf/giorgiolapiraunmaestro_2004.pdf

[3] Cfr. G. La Pira, Una città fra oriente e occidente, in “La badia. Quaderni della Fondazione Giorgio La Pira” n. 3 (1979) 20.

[4] A. Comastri, Giorgio La Pira. Un maestro…